Il ritorno di D’Artagnan E’ plausibile che il presidente del Consiglio abbia ragione quando dice che le scene dei senatori attaccati alle loro poltrone convinceranno i cittadini della necessità di chiudere il Senato. Sentire esponenti delle istituzioni, come il signor Crimi esprimersi nel modo in cui si esprime, o anche solo pensare di dover leggere i seimila emendamenti presentati dallo striminzito gruppetto di Sel, è propedeutico alle tesi di Renzi. Un Senato come questo non serve a niente, e viene voglia di assecondare il suadente sorriso del ministro Boschi che invita a chiuderlo in fretta. Questo non significa però che la chiusura di questo Senato rappresenti un bene per il Paese. Intanto se ne costituirà un altro e quello sarà tutto un programma, poi si è aumentata una tensione istituzionale che sarebbe stato buon costume da parte del governo cercare di evitare. Le accuse rivolte al presidente Grasso, ad esempio, sono accuse rivolte alla seconda carica dello Stato. Visto che già si insolentisce la prima, forse bisognava preoccuparsi di mettere al riparo almeno la seconda, invece di esporla. Renzi è convinto che tutto cambierà e dovrà cambiare e dunque non si preoccupa molto delle tensioni create durante questo percorso. Benissimo, forse il premier ha ragione anche su questo. E' sul metodo che Renzi ha sicuramente torto. Non è il governo che impone la riforma quale che sia alle Camere, semmai sono le Camere che la indicano al governo e visto che è difficile per chiunque immaginare una Camera che decida volontariamente di suicidarsi ecco spiegate le resistenze del Senato, che chiunque con un po’ di buon senso avrebbe potuto immaginarsi. Invece di voler mettere una pistola alla tempia del Senato, si poteva varare una Assemblea costituente dove presentare un progetto di maggioranza, che poi sarebbe stato difficile non votare per le stesse Camere, indipendentemente da cosa loro imponesse. Qui ci troviamo invece in una situazione completamente anomala, per cui non solo le coalizioni elettorali si sono sfasciate, ma il piano di riforma è deciso da un’intesa fra parte della maggioranza ed una parte dell’opposizione fondata sulla semplice parola dei due leader contraenti. Perchè stupirsi se da agosto si slitta a settembre? Pd e Forza Italia, non sono nemmeno la maggioranza reale del Paese, ma solo quella legale. Qualcosa di simile si è già conosciuto in Italia quando si parlava del Caf, la sigla con cui si rappresentava l’accordo fra Craxi, Andreotti e Forlani. Sappiamo come andò a finire. Rispetto a quei tempi infelici, le cose stanno pure peggio e lo dimostrano i lavoratori dell’Eni di Gela saliti a Roma in protesta al solo timore di veder chiuse la loro raffineria. Mentre il premier tirava di scherma come un nuovo D’Artagnan, loro, gli operai, si sentono con un piede sulla soglia della disoccupazione. Sulla soglia della disoccupazione ci saranno già i lavoratori di Alitalia se non si chiude l’accordo con Etihad. Disoccupati e con un debito che ricade interamente sullo Stato, si trovano da oggi i colleghi dell’Unità. Vogliamo dare a tutti una parola di conforto: non c'è ragione di preoccuparsi. Appena Renzi piegherà le resistenze corporative di questi senatori mangiasbafo, tutti i loro ed i nostri ed i vostri, problemi saranno risolti. Esattamente come avviene nel romanzo di Dumas, i Tre Moschettieri. Come direbbe Renzi a Letta, state sereni. Roma, 30 luglio 2014 |